Coppia lesbica adotta una bimba. Il tribunale di Roma scrive la storia

Fa discutere le decisione dei giudici che hanno dato l'assenso alla “stepchild adoption". Per la prima volta in Italia è stata riconosciuta l'adozione della figlia biologica di una sola delle due conviventi

Volevano un figlio, e volevano fosse loro figlio, non solo perchè lo crescevano insieme  ma anche per la legge. Si perchè per loro, una coppia omosessuale romana originaria di Udine per lo Stato Italiano non è consentito avere un figlio, o meglio, non era consentito fino ad oggi quando il Tribunale per i Minorenni di Roma ha riconosciuto l'adozione di una bimba, figlio biologico di una sola delle due conviventi, che sono libere professioniste.
Si tratta del primo caso in Italia di "stepchild adoption", una pratica già consentita in altri paesi, come rende noto Maria Antonia Pili, legale della coppia  e presidente di Aiaf Friuli. La coppia infatti ha avuto una bimba all'estero anni fa con procreazione assistita eterologa per realizzare un progetto di genitorialità condivisa.  Le due donne, sposate all'estero, si erano rivolte all'Associazione italiana avvocati famiglia e minori, per procedere con il ricorso per l'adozione.
Il caso si appresta a fare discutere. La legge italiana consente al marito/moglie di adottare il figlio dell'altro/altra, quando per esempio uno dei due resta vedovo con figlio e si risposa. Tuttavia l'ex art. 44 della legge 184/1983 consente anche l'adozione da parte del single che abbia instaurato un rapporto significativo col minore. Ma il  riconoscimento deve essere subordinato al fatto che l'adozione avvenuta secondo legge straniera non violi norme diritto pubblico interno.
"Il ricorso e' stato accolto - ha dichiarato l'avvocato Pili - nel superiore e preminente interesse del minore a mantenere anche formalmente con l'adulto, in questo caso genitore 'sociale'  quel rapporto affettivo e di convivenza gia' positivamente consolidatosi nel tempo, a maggior ragione se nell'ambito di un nucleo familiare e indipendentemente dall'orientamento sessuale dei genitori. La norma in questione infatti - ha aggiunto la legale - non contiene alcuna discriminazione fra coppie conviventi siano esse eterosessuali o omosessuali". Secondo Pili, dunque, il Tribunale per i Minorenni di Roma "ha correttamente interpretato la norma di apertura" gia' contenuta nella Legge sull'adozione. "Non si e' trattato dunque - ha precisato la legale - come ben argomenta sul punto la sentenza, di concedere un diritto ex novo, ovvero di creare una situazione prima inesistente, ma di garantire nell'interesse di una minore la copertura giuridica a una situazione di fatto gia' consolidata, riconoscendo cosi' diritti e tutela ai quei cambiamenti sociali e di costume che il legislatore ancora fatica a considerare, nonostante - ha concluso - le sempre piu' diffuse e pressanti rivendicazioni dei moltissimi soggetti interessati".

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